“In cammino con
speranza”, esorta il tema guida dell’anno Santo che stiamo vivendo.
Speranza di incontrare ”perdono e pace” come rassicura il sacerdote con
il congedo, al termine del sacramento della confessione o
riconciliazione: “il Signore ha perdonato i tuoi peccati, va in pace”.
Il perdono e la pace sono il primo dono di Gesù al paralitico, che
giunge ai suoi piedi dopo un faticoso “trasporto pellegrinaggio”, prima
di dirgli: “alzati prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua”
(cfr Lc 5,18-24).
Apparendo ai discepoli,
dopo la risurrezione, Gesù inaugura un giubileo universale:
“Gesù disse loro di nuovo: <pace a voi! Come il Padre ha mandato me
anche io mando voi>. Detto questo soffiò su di loro e disse
loro:<ricevete lo Spirito Santo. A coloro cui perdonerete i peccati,
saranno perdonati. A coloro a cui non perdonerete non saranno
perdonati>” (Gv 20, 21-23).
Il peccato oggi
maggiormente conosciuto e condannato si chiama violenza, ingiustizia,
menzogna, corruzione, indifferenza, egoismo, guerra, ecc… ecc.. Frutti
alimentati dalla radice dell’egoismo il quale inquina e sovverte
radicalmente le relazioni con Dio, con gli altri, con se stessi.
Un peccato che nasce e
spesso viene coltivato nel segreto della “cantina” che fa parte dell’
appartamento nel quale viviamo abitualmente. Una “cantina”, ignorata o
trascurata, la quale deve essere bonificata, riordinata, ripulita,
arieggiata, arredata, resa abitabile ed accogliente. Anzitutto per noi,
ma non solo!
Entrare nella “nostra
cantina” ed uscirne cambiati, convertiti significa entrare attraverso
una porta aperta con fatica ma uscirne attraverso la “porta santa” del
giubileo, porta della riconciliazione con tutti.
Ben ricordiamo il
“giubileo” vissuto dal ragazzo, smanioso di autoaffermazione, di cui
nella parabola di Luca il quale, dopo una deludente esperienza: “ritornò
in se stesso e disse: <quanti salariati in casa di mio padre hanno pane
in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò e andrò da mio padre e
gli dirò: Padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te (…) Si alzò e
tornò da suo Padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe
compassione, gli corse incontro. Gli si gettò al collo e lo baciò. Il
figlio gli disse: <Padre ho peccato verso il Cielo e davanti a te: non
sono più degno di essere chiamato tuo figlio>. Ma il Padre disse: (…)
<facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in
vita, era perduto ed è stato ritrovato>. E cominciarono a far festa”.
(Lc15, 17…24).
Queste le tappe del
pellegrinaggio:” ritornò in sé stesso” e si ritrovò in ”cantina“,
a morire di fame. Come mai, perché? “Mi alzerò e andrò…Si alzò e
tornò da suo Padre”: fiducioso, con decisione. “E gli dirò ho
peccato”: mi sono illuso. Pensavo, credevo di costruirmi una vita,
la mia vita; senza dipendere, senza dover rendere conto se non a me
solo; libero…, e invece! “Non sono più degno di essere chiamato tuo
figlio”. Ma ancor prima che potesse pronunciare queste parole, il
Padre ”gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”.
Il nostro “giubileo” non
offre percorsi alternativi e ci presenta lo stesso itinerario!
Anche se non ti sei
“allontanato da casa”, forse abiti, ma non vivi in casa con il Padre e
con lo scomodo fratello maggiore: ritorna!
Giugno 2025 foglio n.23 –
a
cura di “ p.angelo@oadnet.org”