Con giugno siamo a metà
di: “un anno da non sprecare”. Si impongono, quindi, un bilancio e forse
anche una revisione, una ricarica! Un anno dedicato al restauro delle
persone, e conseguentemente della società, con progetto elaborato e
finanziato da un architetto che si chiama: Dio.
Abbiamo celebrato da
poco la Pentecoste la quale ha rinnovato la promessa di Gesù: “Se uno
mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a
lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Ma “Dio abita
in cantina” rivela un libro di Marco D’Agostino il quale scrive: “C’è
una porta che fatico ad aprire. E’ forse quella che va in cantina? (…).
E’ la porta della paura, di ciò che temo, un limite altre il quale non
vado. La zona delle ragnatele, del buio dell’umido e del freddo. Almeno
così credo”.
Ma Dio vuole entrare
anche lì; parte ed incomincia da lì. Mi domando, allora, ho fatto
entrare Dio nella mia cantina ed ho assecondato il suo progetto di
riordino, bonifica?
“Voi siete il sale
della terra; ma se il sale perde sapore, con che cosa lo si renderà
salato? (…) Voi siete la luce del mondo (…) né si accende una lampada
per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro perché faccia luce a
tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti
agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 13-16).
Se nella” nostra
cantina” entra il “sale di Dio” – capace di ridonare gusto e valore
anche agli eventi ed ai comportamenti insignificanti e disordinati; il
“sale di Dio” che preserva dalla putrefazione e dai conseguenti miasmi,
allora “insaporiti” siamo abilitati a proporci - con umiltà e
generosità – per arginare il vuoto della superficialità; per educare il
palato a cibi sani; per riscoprire il sapore della vita: di ogni vita!
Se nella” nostra
cantina” ha brillato la “luce di Dio” - che permette di incontrare,
riconoscere e apprezzare persone e cose nella giusta luce; la luce che
evidenzia e valorizza i colori assieme alle ombre; la luce che orienta
senza abbagliare; la luce che sconfigge la paura dell’ignoto ed
inesplorato, allora possiamo e dobbiamo affiancarci - reggendo una
torcia o un semplice cerino- a chi non ha ancora trovato la strada, o la
ha smarrito.
Qualcuno potrebbe
obbiettare che il sapore della esistenza va partecipato, difeso e
promosso con impegni e strumenti più realistici e concreti. Certamente e
non dobbiamo esimerci - scaricando su altri responsabilità e doveri - da
iniziative di sussidiarietà e di giustizia. Non dimentichiamo, però, che
“Non di solo pane vivrà’ l’uomo ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio” (cfr Mt 4,4) e che “(Gesù) Rispose loro <Datevi da
fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita
eterna> (… ) Io sono il pane della vita chi viene a me non ha più fame
e chi crede in me non ha più sete, mai!” (Gv 6,21..35).
Ci vuole poco per capire
e testimoniare che facendo spazio al sale e alla luce che nascono nella
miniera e nella centrale del Vangelo il mondo sarebbe “più gustoso,
più illuminato e più luminoso”. Meno inquinato, meno rovinato!
L’Anno santo, “anno
da non sprecare”, ci invita ad aprire il portafoglio, ad occuparci e
a preoccuparci del benessere e del progresso, senza trascurare,
tuttavia, le sorgenti del sapore genuino e della luce trasparente.
Occorre un bilancio ed
una verifica sul cammino fatto e da fare ricordando che il sale
insaporisce sciogliendosi e la luce rischiara proiettando i propri
raggi. Ne convieni?
Giugno 2025 foglio n.22 –
a
cura di “ p.angelo@oadnet.org”