Il “cantiere Anno Santo”,
nel quale siamo coinvolti, necessita anzitutto di impegno dei singoli,
di collaborazione guidata autorevolmente e di continua assistenza di
Chi ha progettato e finanzia l’opera: “Dio infatti non ha mandato il
Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato
per mezzo di lui” (Gv 3,17).
Congedandosi da
noi, prima di ritornare al Padre, Gesù manda, a “salvare il mondo”, gli
apostoli e i seguaci, non senza averli prima affidati alla premura e
custodia autorevole di Pietro, esplicitamente scelto: “Tu sei Pietro
e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18 e sgg), e
confermato dopo la triplice domanda e affermativa risposta: “Simone
figlio di Giovanni mi ami? …Signore tu conosci tutto, tu sai che
ti voglio bene …. Pasci le mie pecore” (Gv21,15-19). (ivi).
Tornando all’
immagine di “Anno
santo cantiere per la riqualificazione della società”
riconosciamo la
Chiesa affidabile appaltatrice dei lavori. La Chiesa con la pluralità e
originalità dei carismi dei suoi componenti; la Chiesa spoglia di
privilegi e desiderosa non di emergere ma di servire; la Chiesa non
impedita dalle pareti delle chiese; la Chiesa la quale, come Gesù,
continui ad abitare fra le case e nelle case. Una Chiesa nella quale
ciascuno si ritrovi a proprio agio come figlio e fratello, pur nel
convinto rispetto ed ossequio verso quanti sono stati scelti a ricoprire
il servizio di “pastore e guida”.
Abbiano fine
dunque - anche fra i cattolici inquinati da residui di culto ambiguo
della personalità o della tradizione - i giudizi, le valutazioni, la
nostalgia del vissuto o la smania del futuro, i bilanci, le aspettative
con cui le fonti della comunicazione rimbombante ed anche sotterranea,
attualmente alimentano confronti incompetenti, prematuri e quindi
irrispettosi e ingiusti
La preoccupazione
della “Chiesa popolo di Dio” non è tanto quella di far approvare da Dio
la elezione dei “dirigente” quanto quella di ricercare, accettare e
sancire la preferenza e la scelta di Dio: “Il Signore replicò a
Samuele: <Non guardare al suo aspetto né alla sua statura… perché non
conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza ma il
Signore vede il cuore>” (1 Sam 16, 7).
Non si vuol dire
con ciò che non contino virtù, doti e caratteristiche personali e
caratteriali ma semplicemente che le emozioni devono, all’occorrenza,
fare spazio alle motivazioni per cui si guarda al papa quale custode e
garante del Vangelo, segno affidabile di riferimento per i cristiani e
non solo per essi. S Paolo VI, papa nel travagliato periodo 1963 – 1978,
confidava: “dicono che il papa vuole andarsene… il papa resterà al suo
posto a dire ciò che deve dire, con gioia”. Non favoriamo dunque
occulte ed interessate interferenze e pressioni, né compromettenti
alleanze. La storia insegna: basti ricordare il soggiorno dei papi ad
Avignone, sotto la “tutela francese” (1309-1378) che produsse anche la
elezione di un antipapa nel 1417.
Nello stemma del
nuovo papa Leone XIV spicca il motto “in
Illo uno unum”
traducibile con: “in lui (Cristo) siamo uno”.
Vale a dire: “Se viviamo uniti a Cristo che ci ha accolti in sé, siamo in comunione
anche fra di noi!”.
Una meta da
evidenziare nelle singole pagine dell’agenda che programma ogni nostra
giornata!
Maggio 2025 foglio n.20
a cura di “ p.angelo@oadnet.org”