E’ vero che chi si nutre di speranze illusorie rischia di
trovarsi a mani vuote; ma è altrettanto vero che la vita senza speranza
diventa insopportabile, invivibile!
La speranza è il desidero, l’attesa, la ricerca di un bene
raggiungibile ma non ancora posseduto.
Abbiamo bisogno, necessità di speranza? Si direbbe proprio di
sì!
L’anno santo il quale, come già ricordato, è un cantiere
aperto per risanare il mondo e renderlo, come al suo inizio, un paradiso
terrestre ci ricorda che possiamo e dobbiamo accumulare speranza. Una
speranza la quale, lo abbiamo imparato dal catechismo, è una virtù o
buona abitudine che nasce e cresce nel giardino di Dio.
Il programma, il metodo del lavoro richiesto è ben
sintetizzato dal motto: “Pellegrini della speranza!”.
I pellegrini non sono semplici viandanti senza meta, bensì
gente che si mette in cammino con l’intento di approdare ad una meta ben
precisa, raggiungibile, sovente, con un itinerario in salita e faticoso,
ma esaltante.
Le stazioni di servizio, alle quali attingere e rifornirsi
lungo il cammino, si chiamano: conoscenza-frequentazione; fede-fiducia;
comunicazione-comunione. In una parola: amore.
Benedetto XVI, il trenta novembre 2007, ha pubblicato una
enciclica - la quale merita una rilettura - dal titolo: “salvati dalla
speranza” -Spe salvi - (cfr Rm 8,24) nella quale si ricorda la
affermazione di S. Paolo nella lettera agli Efesini: “è senza speranza
chi è senza Dio” (cfr Ef 2,12).
In altre parole: la speranza è diversa dall’ottimismo,
influenzato anche da fattori ambientali e caratteriali; la speranza è
sostenuta dalla certezza dell’amore di Dio; Dio che non delude mai
coloro che sperano in lui. Il pessimismo e la disperazione sono quindi
una sottile forma di ateismo perché escludono il coinvolgimento di Dio
nel nostro vissuto.
Sempre lo stesso Benedetto XVI – ricordando il IV anniversario
della morte del papa S .Giovanni Paolo II – diceva: “Gesù non vuole che
i suoi discepoli recitino una parte, magari quella della speranza. Egli
vuole che essi siano speranza, e possono esserlo soltanto se restano in
Lui”.
E ancora: “il presente, anche il presente faticoso può essere
vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi
possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la
fatica del cammino” ( cfr Spe salvi 1).
Trovare la speranza è dunque trovare Dio: trovare Dio è
trovare aperta la porta d’ingresso nel suo cuore.
Gennaio 2025 – Foglio
periodico a cura di “p.angelo@oadnet.org”